LA PESTE ALLO SPALLANZANI percorso sonoro ascoltando Camus 20 GIUGNO 2017

LA PESTE ALLO SPALLANZANI fronteLa Peste 20 giugno allo spallanzaniPeste Flyer Stampa
LA PESTE ALLO SPALLANZANI percorso sonoro nell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma a ottanta anni dalla sua fondazione con frammenti dal romanzo LA PESTE di Albert Camus adattamento di Pina Catanzariti
Paolo Bonacelli– voce recitante e Rieux
Nicola D’Eramo – Paneloux
Pietro Faiella – Tarrou
e, con la partecipazione, tra gli altri, di Enrico Vampa, Luca Di Capua, Andrea Polia, Antonio Perretta, Lavinia Contarini, Letizia Russo, Margherita Arioli, Anna Dall’Olio, Flavio Capuzzo Dolcetta, Domenico Sacco

installazioni sonore di Olbos violoncello Susanna Garcia Rubi
lungo il percorso sono esposte alcune opere di Umberto Ippoliti
consulenza per gli interventi di arti visive Lidia Reghini di Pontremoli
regia di Marcello Cava
assistente alla regia Riccardo Frattolillo responsabile tecnico Paolo Franco promozione e ufficio stampa Erika Morbelli grafica Giacomo Fabbri
In collaborazione con MUSOUND

martedì 20 giugno 2017 – ore 21:00
Ospedale “Lazzaro Spallanzani” – Via Portuense, 292 Roma –
ingresso libero prenotazione obbligatoria a
eventi80@inmi.it

Nell’ambito della celebrazioni per gli ottanta anni dalla fondazione è stato sviluppato un progetto multidisciplinare finalizzato alla presentazione in anteprima nazionale in forma di evento de
LA PESTE di Albert Camus nei viali dell’INMI Ospedale “Lazzaro Spallanzani” di Roma.
L’ascolto della lettura di parti del testo interpretate da PAOLO BONACELLI, affiancato da altri attori, musicisti e performer, nell’adattamento di Pina Catanzariti, e per la regia di Marcello Cava, sarà possibile in un viaggio per spettatori-visitatori in alcuni spazi dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, aperto di sera per questa via crucis laica, che verrà presentata in anteprima martedì 20 giugno 2017, nella notte che precede il Solstizio d’Estate.
L’esperimento artistico si avvale della consulenza scientifica della Prof.ssa Valeria Pompejano, francesista dell’Università Roma Tre e Direttore centro Studi italo-francesi
Non uno spettacolo, nonostante la voce e la presenza di grandi attori del teatro italiano, non una mostra, nonostante l’esposizione straordinaria di alcune opere di Umberto Ippoliti, ma un’originale possibilità di fruizione dentro un l’ospedale per le malattie infettive che permetterà allo spettatore-visitatore un itinerario in alcuni spazi chiusi e aperti, antichi e moderni, munito di una cuffia audio guida.

La Peste è un romanzo dello scrittore francese Albert Camus del 1947. Appena pubblicata, l’opera riscosse un grande successo, ottenendo tra l’altro il Prix de la Critique, e rientra nella produzione di Camus definita “ciclo dell’assurdo”, che include anche un altro celebre testo dello scrittore francese, Lo straniero. La peste è una metafora del Male in generale e del nazismo (la peste bruna) nello specifico.
Il tempo metafisico e sospeso del romanzo è il tempo reale della durata dell’epidemia, dalla primavera alla fine dell’inverno. Un tempo, dunque prigioniero dell’uomo, in una città in cui, a pericolo conclamato, verranno chiusi tutti gli accessi e dove gli abitanti cominceranno a vivere in un incubo di solitudine, isolati dal male, privati della libertà.
Il tempo illividito e immobile della malattia scandisce lo snodarsi degli episodi del romanzo di cui il dottor Rieux appare come unico movimento, epigono di risoluzione al di là di ogni impossibile ed inesistente dio, che agisce fino allo scomparire dell’epidemia,del male, perché si deve agire sempre, pur sapendo che l’angoscia primigenia per l’individuo, la morte, sarà condizione inevitabile del vivere quotidiano ” …Rieux ricordava che quell’allegria era sempre minacciata: lui sapeva quello che ignorava la folla, e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore, né scompare mai…”
Non c’è orrore peggiore della predisposizione alla violenza dell’uomo e la violenza colpirà sempre, ucciderà sempre, sterminerà sempre.
Una mite, primaverile, incrostata di sale e di sabbia Orano, cittadina della costa algerina fa da scenario agli eventi del romanzo. Abitanti normali, uomini qualunque, che nell’incubo della pestilenza moriranno o continueranno a vivere come hanno sempre fatto, o, ancora cercheranno di organizzarsi per reagire e contrastare la malattia, in una lotta resistente e responsabile. Alla voce interiore, coscienza della collettività, il dottor Rieux, che da essere umano libero da pretesti religiosi, si presta per contrastare l’epidemia, si contrappone quella del prete, padre Paneloux, che invoca una salvezza divina, questo Dio così indifferente e inutile, incapace di salvare i bambini… Intorno, altri personaggi, coprotagonisti e parti viaggianti di Rieux, oppure escrescenze umane delle stesse bestie portatrici della pestilenza. Perché, lo sappiamo, dentro la violenza si annida alta violenza, altra morte. Altra prigionia.

L’Istituto “Lazzaro Spallanzani” fu inaugurato nel 1936 come presidio destinato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive, con una dotazione di 296 posti letto in 15 differenti padiglioni e in un’area di 134.000 metri quadrati. Nel corso degli anni il suo campo di interesse si è via via trasformato in conseguenza dell’evolversi delle malattie infettive. Una sezione dedicata alla cura e riabilitazione della poliomelite fu attivata nel corso degli anni ’30. Nel 1970 l’epidemia del colera diventa una delle principali emergenze sanitarie, così come la salmonellosi. E’ durante questo periodo che l’ospedale inizia il suo impegno nei confronti dell’epidemia dell’Epatite B particolarmente collegata con le problematiche della tossicodipendenza.Alla sospensione della vaccinazione antivaiolosa fu costruita allo Spallanzani la prima stanza di alto isolamento Agli albori dell’AIDS all’inizio del 1982, l’Istituto si trovò ad affrontare una nuova scommessa tanto da diventare in breve tempo il più importante centro italiano per la cura di questa malattia. Ed alla fine degli anni ’80 fu realizzata una modernissima struttura clinica progettata secondo i più avanzati standard e con caratteristiche di isolamento delle patologie contagiose uniche nel Paese. I benefici derivanti da questa innovazione sono consistiti, oltre che nell’aumento del livello di sicurezza dei lavoratori, nella garanzia di un’atmosfera confortevole per i pazienti. Nel 1996, il Ministero della Sanità ha identificato lo Spallanzani quale polo nazionale per le Febbri emorragiche Virali e lo ha riconosciuto Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, nel 2000 è stato identificato quali Istituto Nazionale per le Malattie Infettive ed è stato inaugurato il laboratorio italiano di massima sicurezza. Successivamente di emergenza in emergenza è stato identificato quale polo nazionale di riferimento per il bioterrorismo, la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Nel 2007 è stato istituito il “Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti (POIT)” Polo Ospedaliero Interaziendale trapianti, struttura integrata tra l’Istituto Spallanzani e l’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini.
L’Istituto per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” prende il nome dallo scienziato italiano che è stato uno dei fondatori della biologia sperimentale. Nato a Scandiano il 12 gennaio 1729, dopo aver studiato legge all’Università di Bologna, Lazzaro Spallanzani dirige i suoi interessi verso la logica e la metafisica prima di diventare professore di fisica all’Università di Modena e, infine, di Pavia (1769), dove ha realizzato gran parte dei suoi esperimenti. Dall’antichità ed anche nel medio evo, era largamente accettata la tesi secondo la quale anche dalla materia non vivente potessero nascere spontaneamente altre forme di vita. Tale “generazione spontanea” sembrava avvenire soprattutto dalla materia in decomposizione e, nel 1745, l’inglese John Needham, cercando di dare sostegno alla teoria, propose un esperimento nel quale in un campione di brodo di carne, fatto bollire e poi raccolto in recipienti sigillati, dopo qualche tempo si osservò la presenza di microorganismi in crescita. Lazzaro Spallanzani, non fu convinto da questo studio (dato che egli sosteneva invece la teoria dell’ “omnevivum e vivo”) ed affermò che in esso i germi erano penetrati nel brodo dall’aria, dopo e non prima dell’ebollizione. Riuscì, infatti, ad ottenere la prova della sua tesi ripetendo un esperimento nel quale il brodo veniva mantenuto sempre (prima e dopo l’ebollizione) sotto vuoto. Il risultato fu che, questa volta, nel campione di brodo non cresceva alcun microrganismo. La teoria della generazione spontanea fu poi definitivamente confutata, nel 1859, per merito del francese Louis Pasteur e Lazzaro Spallanzani è oggi considerato come il primo microbiologo dell’era moderna. Egli morì a Pavia 11 Febbraio del 1799.